“La proliferazione di siti pedopornografici, che immettono in un turpe mercato decine di migliaia di materiale illecito ogni anno, è un dato di fatto accertato dalle autorità inquirenti. Circa il 50% del materiale sequestrato su siti illegali proviene dai social e soltanto nel 2022 in Italia sono stati indagati 4.542 casi sospetti che hanno portato all’arresto di 149 persone. Si tratta dunque di un problema che insieme al presidente del Corecom Calabria, Fulvio Scarpino, abbiamo sollevato chiedendo alla dirigente generale dell’Ufficio Scolastico Regionale, Antonella Iunti, di farsi nostra portavoce presso le dirigenze scolastiche locali. Purtuttavia, si continua a pubblicare come se avessimo parlato di acqua fresca, al punto che stuoli di docenti privi di consenso genitoriale pubblicano foto dei bambini nei loro profili privati”. A dichiararlo il Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Calabria, Antonio Marziale. “Ma non è solo pedopornografia – spiega il Garante – perché si incorre in bodyshaming, cioè il postare una foto inappropriata di un bambino che può essere utilizzata dai compagni di classe per prenderlo in giro o ricattarlo, dove per ricatto non si intende solo una richiesta di denaro, ma anche la semplice minaccia di diffondere uno scatto se non viene fatto in cambio qualcosa. Si parla di furto di identità, con foto che possono essere utilizzate per campagne inappropriate all’insaputa dei soggetti in questione. L’elenco dei pericoli è davvero tanto per poter essere elencato nello spazio di un comunicato stampa. Ed allora parliamo dei rischi più alla portata di comprensione”.
“Possiamo però – incalza Marziale – parlare dello shareting, fenomeno già comune in ambito social e familiare, ma sempre più diffuso anche fra i banchi di classe. E per tornare al rischio più pericoloso ricordiamo ciò che gli inquirenti hanno ribattezzato “La Bibbia 3.0”, un colossale catalogo online pedopornografico scoperto dalla Polizia Postale. Le immagini erano catalogate con specifiche chiavi di ricerca per agevolare la consultazione e, in alcuni casi, erano riportati anche elementi utili ai fini dell’identificazione del soggetto ritratto. È emerso che l’archivio era alimentato dai diversi utenti mediante la sottrazione delle immagini pubblicate sui profili dei social network o a seguito dell’invio, da parte delle stesse vittime, delle proprie immagini di nudo a soggetti conosciuti prevalentemente su Internet, che provvedevano alla successiva diffusione dei file così ricevuti”.
“Domani – conclude Marziale – incontrerò a Roma il presidente del Comitato ministeriale Media e Minori, Jacopo Marzetti, perché insieme alla Polizia delle Comunicazioni, all’USR, al Corecom ed altri soggetti istituzionali daremo vita a tutto ciò che serve per arginare un fenomeno rischiosissimo, che non può essere bypassato con il mero consenso dei genitori, molto spesso ignari dei pericoli cui i loro figli possono incorrere, che rende legittima la pubblicazione sui social scolastici, ma oltre la legge esiste anche un’etica che la scuola più di chiunque altra istituzione dovrebbe essere tenuta ad osservare”, conclude il Garante Marziale.