Tumori, Minasi (Lega): Da nord a sud tutti abbiano stesse opportunità di cura

Anna Franchino

Attualmente in Italia sono circa 20.000 i malati candidabili a protonterapia, una domanda che i soli 3 centri presenti sul nostro territorio, con una capacità di trattamento stimata di 1.000 pazienti all’anno, già oggi non possono soddisfare. Nel nostro Paese la domanda di terapia protonica potrebbe riguardare fino al 20% di tutti i pazienti candidati a un trattamento di radioterapia. Sono oltre 150 gli studi di validazione e approfondimento in corso nel mondo e i centri di protonterapia si stanno moltiplicando in tutti i Paesi ad alto tasso di sviluppo. Di questo, di trattamenti mirati e indolore e con bassi rischi di effetti collaterali si è discusso durante il convegno ‘Le nuove frontiere della protonterapia e dei farmaci per l’oncologia pediatrica’, ospitato oggi a Roma, presso la sala Isma del Senato. Durante il convegno sono state descritte tutte le caratteristiche e i benefici della protonterapia nella lotta ai tumori. In particolare, il dibattito ha mostrato come la protonterapia, rispetto alla radioterapia, permetta di ridurre l’irradiazione ai tessuti circostanti la massa tumorale, massimizzandone la protezione. Questo fa sì che il rischio di effetti collaterali sia decisamente più basso con molti benefici per il paziente, tra cui quello di una ripresa più rapida. Il trattamento è completamente indolore e la seduta dura circa 30 minuti. Subito dopo il paziente non è radioattivo e può tornare a casa per svolgere le normali attività quotidiane. Al dibattito hanno partecipato la senatrice Tilde Minasi presidente dell’Intergruppo parlamentare ‘Oncologia: prevenzione, ricerca e innovazione’, Roberto Orecchia, già professore ordinario di Radioterapia all’università degli Studi di Milano e direttore scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia, Lidia Strigari professoressa e direttrice di Fisica Sanitaria Irccs dell’azienda ospedaliero-universitaria di Bologna, Francesco De Leonardis medico presso l’azienda Ospedaliero Universitaria Policlinico di Bari e responsabile dell’attività di ricerca in oncoematologia pediatrica del Progetto ‘Studi di Fase I’, Sara Rossi, dirigente Mur- Autorità di Gestione del Pon Ricerca e Innovazione 2014-2020, e Paolo Viti, presidente della Federazione Italiana Associazioni Genitori e Guariti Oncoematologia Pediatrica (Fiagop). L’evento è stato moderato dal vicepresidente Fiagop, Angelo Ricci. “Questo intergruppo- ha affermato la senatrice Tilde Minasi, promotrice e organizzatrice dell’incontro- ha l’obiettivo di costituire un dibattito proficuo sui temi dell’oncologia e della lotta al tumore a 360 gradi. Vogliamo affrontare tutte le questioni legate al ruolo della ricerca e dell’innovazione rispetto alla disponibilità di nuovi farmaci, allo snellimento delle procedure per mettere a disposizione dei pazienti nel più breve tempo possibile, ma anche alle nuove molecole e ai risultati dell’innovazione tecnologica”. “Uno degli obiettivi più importanti- ha proseguito- è invertire la rotta e far sì che non ci siano più disparità tra nord e sud nelle possibilità di cura e nella disponibilità di fondi adeguati contro le neoplasie”. “In base alle raccomandazioni sull’uso dei protoni emesse nel 2021 dall’Istituto superiore di sanità- ha evidenziato la senatrice Minasi- i maggiori vantaggi della cura con protoni si ottengono nel trattamento di tumori localizzati in sedi critiche perché circondati da strutture sensibili. Tutti quei tumori poco responsivi alla radioterapia convenzionale e per i quali è utile un approccio di dose-escalation possono essere curati con la protonterapia, che ha anche il vantaggio di una ridotta dose di tossicità complessiva in associazione a chemioterapia concomitante”. “L’auspicio di ricercatori e pazienti- ha dichiarato il professor Orecchia- è che in futuro anche in Italia, con il fiorire degli studi sull’efficacia della protonterapia anche in combinazione con altri trattamenti, si ampli l’elenco delle prestazioni di protonterapia garantite dalla sanità pubblica. Al momento il ministero della Salute ha inserito la protonterapia nei Lea, i Livelli essenziali di assistenza, per 10 patologie oncologiche per le quali è considerata appropriata”. “Inoltre- ha informato- dal primo gennaio 2024, grazie al Decreto Tariffe, per queste 10 tipologie di tumore la protonterapia è diventata una prestazione erogabile a carico del Sistema Sanitario su tutto il territorio nazionale”. Come ha spiegato la dottoressa Sara Rossi, il ministero dell’Università e della Ricerca ha finanziato il progetto ‘Erha’ (Enhanced Radiotherapy With Hadrons) di LinearBeam per sviluppare, il primo sistema di protonterapia basato su accelerazione lineare di protoni. “Si tratta di un’apparecchiatura altamente specializzata- ha ricordato- che permette di effettuare un trattamento innovativo ed è l’unica macchina che risulta capace di modulare l’energia, mantenendo contenute le dimensioni della zona bersaglio da trattare, risultando così estremamente precisa. In questi anni sono stati finanziati circa 80 progetti, i più importanti raccolti sul portale Researchitaly. L’obiettivo è quello di raccoglierli tutti e renderli pubblici per agevolare il lavoro dei nuovi ricercatori”. L’Italia, insieme alla Francia, è oggi il Paese europeo con il più basso rapporto sale di trattamento/numero di abitanti. E sono enormi i divari tra nord e sud Italia, dove non esistono centri e i pazienti, compresi i bambini, sono costretti a spostarsi nelle regioni settentrionali. “Noi raccogliamo 33 associazioni su tutto il territorio nazionale, almeno dove sono presenti reparti di oncologia pediatrica- ha ricordato il presidente Fiagop, Paolo Viti- e siamo presenti in 14 regioni su 21. La migrazione sanitaria è per noi un problema assillante: di fatto, le nostre associazioni del sud sono costrette a portare i bambini e i ragazzi nel centro-nord, si parte sostanzialmente da Roma in su. Basti pensare che il 75,1% dei bambini della Calabria si sposta. Questo vuol dire rompere un sistema: ad esempio, pochi giorni fa ho conosciuto una mamma che da Crotone si è dovuta deve spostare a Roma. Ma a Crotone ha lasciato due figli e questo è un problema”. “Ringraziando Dio- ha concluso- le associazioni ci sono e forniscono l’alloggio, i trasporti da e per l’ospedale, il supporto psicologico e altri servizi come la fisioterapia. Noi vorremmo spostare le nostre assemblee e riunioni proprio verso il sud per sensibilizzare le realtà locali, ad esempio, di Puglia, Sicilia, Calabria e Sardegna”. Nel convegno svoltosi in Senato riflettori accesi anche sul progetto ‘Studi di Fase I’, portato avanti dal dottor Francesco De Leonardis, responsabile dell’attività di ricerca in oncoematologia pediatrica presso l’Azienda Ospedaliero Universitario Policlinico di Bari. Il progetto è stato finanziato dalla regione Puglia, che ha consentito di raccogliere 150mila euro, ed è stato supportato da Apleti, l’Associazione Pugliese per la Lotta contro le Emopatie e i Tumori dell’Infanzia.

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