Non è certo una novità che la sanità calabrese sia ormai agonizzante. Nulla dovrebbe meravigliarci, forse. E invece, un episodio come quello che è avvenuto nell’ospedale di Serra San Bruno, nonostante lo sfascio conclamato, ci meraviglia ancora. E ci allarma ulteriormente. La protagonista è la dottoressa Maria Domenica Schiavello, letteralmente crollata al suolo dopo 16 ininterrotte ore di lavoro. Quasi un intero giorno passato con il camice addosso, a soccorrere chi arriva nel Pronto soccorso dell’ospedale delle Serre. Dopo aver effettuato il suo turno di notte, alla dottoressa nessuno ha dato il cambio previsto alle 8 di sabato mattina. E lei cosa poteva fare? Esattamente quello che ha fatto. Ciò che le dettava il senso del dovere. E anche la sua coscienza. E’ restata al suo posto. Fino alle 14, quando pensava che finalmente qualcuno arrivasse a sostituirla. Solo che nemmeno al pomeriggio è arrivato un collega a darle il cambio. Resistere, resistere, resistere: deve aver pensato questo, la stoica dottoressa. Ma il suo fisico non ce l’ha fatta. E così, dopo 16 ore di lavoro, ha avuto un collasso. E’ letteralmente crollata al suolo. Soccorsa da altri medici dell’ospedale. Qualcuno c’era, per fortuna. Nonostante la drammatica carenza d’organico, causata dal blocco del turnover. E anche per la turnazione dovuta alle ferie estive. Turnazione che ha portato perfino alla chiusura del reparto di oncologia del policlinico universitario di Catanzaro. E che dire del grottesco episodio avvenuto nell’ospedale di Vibo Valentia, dove un medico è rimasto chiuso per ore in una stanza, bloccato per una serratura non funzionante? O dell’ospedale di Polistena, perennemente con organico ridotto? O ancora quello di Cetraro, dove è stato chiuso il punto nascite e si rischia la chiusura delle prestazioni esterne del laboratorio di analisi? Come siamo arrivati a tutto questo? Le colpe sono certamente di tanti. Ma alla fine, ne siamo tristemente sicuri, non sarà stata colpa di nessuno.