“Al termine della campagna delle drupacee (pesche, nettarine e albicocche) in Calabria il bilancio è negativo”. Lo afferma Coldiretti Calabria facendo riferimento, é detto in una nota, “all’annata appena conclusa. Ma la musica non cambia anche nell’arco degli ultimi cinque anni”. “I produttori – sostiene Antonio Genovese, presidente della cooperativa “I Campi del Sole” e della Coldiretti di Castrovillari – sono ormai allo stremo e vogliono abbandonare la coltivazione poiché i prezzi di mercato irrisori, pochi centesimi al chilogrammo in campagna appunto, gettano sul lastrico intere famiglie contadine ed un territorio, come quello della sibaritide, a forte vocazione agricola e con una produzione che, per qualità, è la punta di diamante della nostra regione”. “La dinamica dei prezzi al produttore – prosegue Genovese – è impietosa ed eloquente: da 27 a 30 cent/€ al Kg per le pesche, le più tartassate, da 35 a 40 cent/€ al Kg per le nettarine, da 42 a 45 cent/€ al Kg per le albicocche. Il costo di produzione si aggira intorno tra 40 e 50 cent/kg a seconda delle epoche di maturazione, quindi il margine per coprire i costi di produzione praticamente non esiste. Insomma, gli agricoltori, per potersi permettere un caffè devono vendere tre chili di frutta. Per l’intero comparto, che conta nella sola sibaritide circa duemila ettari, con una produzione di circa 500 mila quintali, si configura una perdita secca ad ettaro secondo le varie produzioni, che si aggira intorno ai due milioni euro”. “Dal campo alla tavola – afferma Franco Aceto, Presidente di Coldiretti Calabria – c’è un rincaro della frutta che va dal 500 al 600 per cento e si struttura sempre più un mercato in cui generosi guadagni, vere e proprie rendite, vanno ad intermediari e commercianti, mentre i coltivatori sono stati costretti a svendere i loro prodotti di qualità pur di recuperare almeno una parte dei costi sostenuti e i consumatori non ricevono alcun beneficio e, soprattutto, continuano a pagare a peso d’oro la frutta negli scaffali. Un’altra annata molto difficile, con prodotti che registrano quotazioni basse, che risentono anche il problema delle importazioni da Paesi comunitari che invadono il mercato provocando squilibri e tensioni. Spesso, con poco lavoro e niente rischi e con una sorta di triangolazione, operatori senza scrupoli immettono tanto prodotto di altri Paesi extraeuropei con prezzi di molto inferiori ai nostri. Questo succede perché non rispettano le norme etiche e sanitarie connesse alla produzione, che per le nostre aziende sono invece un fattore importante che deve essere retribuito. Bisogna però guardare avanti, con accordi di filiera virtuosi che garantiscono il prezzo del prodotto, mai al di sotto dei costi di produzione e redistribuzione del valore aggiunto generato rispetto al prezzo pagato dal cittadino-consumatore”. “A tal fine – dice ancora Aceto – abbiamo chiesto al sistema camerale di attivare un Osservatorio sulle dinamiche della filiera e sui prezzi della frutta allo scopo di smascherare le pratiche sleali messe in atto dalla grande distribuzione e da centri di condizionamento che non mostrano alcun rispetto per il lavoro dei produttori frutticoli. E’ evidente che gli anelli deboli sono l’agricoltore, che lavora e non fa reddito, e il consumatore, che poi trova prezzi alti e quindi non consuma frutta che offre tanti benefici salutistici per grandi e piccoli”.
Agricoltura, Coldiretti: “bilancio negativo per pesche”
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