Nuovo capitolo dell’inchiesta “Genesi”, l’indagine coordinata dalla Dda di Salerno che ha svelato il sistema corruttivo nel palazzo di giustizia di Catanzaro e che lo scorso 15 gennaio ha portato in carcere, tra gli altri, il giudice Marco Petrini, ex presidente della Corte d’Appello di Catanzaro, che avrebbe intascato tangenti per aggiustare sentenze. Adesso in manette è finito un noto commercialista di Cosenza, Antonio Claudio Schiavone che avrebbe offerto soldi al giudice Petrini per ottenere la restituzione dell’ingente patrimonio sequestrato nel 2018 ad Antonio Saraco, ritenuto uno dei capi clan Gallace-Gallelli- Saraco, arrestato nell’ambito dell’inchiesta delle Dda di Catanzaro “Itaca free boat”. In quell’occasione furono congelati beni per un valore d 25 milioni. Ebbene: secondo le accuse, il commercialista cosentino avrebbe corrotto Petrini proprio per ottenere una sentenza favorevole alla restituzione di quei beni al boss della cosca di Guardavalle. Le mazzette e le altre regalie elargite a Petrini, inoltre, sarebbero servite anche ad ottenere rassicurazioni da parte dell’allora presidente della Corte d’Appello di Catanzaro di sistemare anche la posizione penale di Saraco al fine di ottenere una forte riduzione di pena. Secondo le accuse, dunque, il commercialista avrebbe agito per agevolare la potente cosca di ‘ndrangheta. Schiavone è stato arrestato dalla guardia di finanza di Crotone con l’accusa di corruzione in atti giudiziari aggravata dal metodo mafioso