Arcivescovo Catanzaro visita casa circondariale

Isabella Roccamo

“Un messaggio non solo di preghiera, ma anche di quella ‘speranza laica’ che è forse il più universale dei significati del Vangelo”.
E’ quello che arriva nella Casa Circondariale di Catanzaro – è detto in un comunicato – con la visita ai detenuti dell’arcivescovo di Catanzaro Squillace Claudio Maniago, accompagnato dall’ispettore generale dei cappellani don Raffaele Grimaldi e dal cappellano don Giorgio Pilò, alla presenza del direttore Angela Paravati e del comandante Simona Poli. “Nella sala teatro del carcere – è detto nel comunicato – circa settanta detenuti hanno partecipato ad un dialogo fatto di domande spontanee e di riflessioni sentite, in un clima informale e semplice, come il messaggio della Chiesa di oggi vuole essere. Un clima che si intuisce già dall’abbigliamento del vescovo, che non si distingue da quello degli altri sacerdoti e si presenta semplicemente come uomo, in visita ai ‘fratelli detenuti'”.
“Una presenza sentita – afferma la direttrice della struttura Angela Paravati – in quanto le visite del vescovo nell’istituto penitenziario sono già state diverse in pochissimo tempo, e ciò testimonia una vicinanza dell’istituzione ecclesiastica ad un mondo in cui la sofferenza umana è tangibile”.
“I detenuti hanno chiesto al presule – riporta ancora il comunicato – di portare conforto ai loro familiari, che soffrono per condanne che non hanno personalmente subito e di sensibilizzare la comunità esterna sui risultati a cui possono portare i percorsi rieducativi che si svolgono all’interno del carcere. Dieci, venti, venticinque anni di carcere possono cambiare un uomo. E questa consapevolezza deve diffondersi all’esterno affinché sia possibile un nuovo inizio. Un ulteriore desiderio, espresso dai detenuti, è il ritorno alla sistematicità delle celebrazioni eucaristiche, a lungo sospese durante la pandemia, ed ora riprese con cautele e partecipazioni ristrette all’interno del carcere. L’ispettore dei cappellani ha invitato i ristretti a non cercare solo la speranza fuori, ma a farla nascere dentro di loro ricordando sempre che ‘il tempo del carcere è il tempo di Dio'”.

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