È stata trasmessa oggi, tra gli altri, a ministeri, Protezione civile e Ordini dei medici, e sarà pubblicata a breve, la circolare del ministero della Salute ‘Gestione domiciliare dei pazienti con infezione da SarsCov2’. Le raccomandazioni si riferiscono alla gestione farmacologica in ambito domiciliare dei casi lievi di Covid-19 e si applicano sia ai casi confermati sia a quelli probabili. Tra le indicazioni, l’utilizzo di saturimetri per la misurazione dell’ossigeno e l’impiego di eparina e antibiotici solo in particolari casi. Si indica inoltre di non utilizzare idrossiclorochina la cui efficacia non è stata confermata.
Saturimetri, farmaci e continuare terapie
Vigile attesa, misurazione periodica della saturazione dell’ossigeno tramite saturimetri, trattamenti sintomatici (ad esempio paracetamolo), appropriate idratazione e nutrizione e non modificare terapie croniche in atto per altre patologie (es. terapie antiipertensive o anticoagulanti), in quanto si rischierebbe di provocare aggravamenti di condizioni preesistenti. Queste alcune delle indicazioni previste nella circolare del ministero della Salute per la gestione domiciliare dei pazienti Covid. In particolare, nei soggetti a domicilio asintomatici o paucisintomatici, sulla base delle informazioni e dei dati attualmente disponibili, la circolare raccomanda che per i soggetti in trattamento immunosoppressivo cronico per un precedente trapianto di organo solido piuttosto che per malattie immunomediate, la prosecuzione del trattamento farmacologico in corso a meno di diverse indicazioni. Rispetto ai farmaci cui fare riferimento, si raccomanda di non utilizzare routinariamente corticosteroidi (il loro uso è raccomandato nei soggetti con malattia COVID-19 grave che necessitano di supplementazione di ossigeno. L’impiego di tali farmaci a domicilio può essere considerato solo in quei pazienti il cui quadro clinico non migliora entro le 72 ore, in presenza di un peggioramento dei parametri pulsossimetrici che richieda l’ossigenoterapia); non utilizzare eparina (l’uso è indicato solo nei soggetti immobilizzati per l’infezione in atto); non utilizzare antibiotici (il loro eventuale uso è da riservare solo in presenza di sintomatologia febbrile persistente per oltre 72 ore o ogni qualvolta in cui il quadro clinico ponga il fondato sospetto di una sovrapposizione batterica). Si indica inoltre di non utilizzare idrossiclorochina, “la cui efficacia non è stata confermata in alcuno degli studi clinici controllati fino ad ora condotti”. Si raccomanda anche di non somministrare farmaci mediante aerosol se in isolamento con altri conviventi per il rischio di diffusione del virus nell’ambiente. La circolare sottolinea poi che “non esistono, ad oggi, evidenze solide e incontrovertibili (ovvero derivanti da studi clinici controllati) di efficacia di supplementi vitaminici e integratori alimentari (ad esempio vitamine, inclusa vitamina D, lattoferrina, quercitina), il cui utilizzo per questa indicazione non è, quindi, raccomandato”.
Centrale collaborazione tra medici e Usca
Per ridurre la pressione sulle strutture di pronto soccorso e poter mantenere negli ospedali tutte le attività ordinarie, “è opportuno che il personale delle Unità Speciali di Continuità Assistenziale USCA operi in stretta collaborazione fornendo supporto ai medici di Medicina generale e ai pediatri di libera scelta”. A sottolineare l’importanza della collaborazione tra medici di famiglia e Usca per la gestione domiciliare dei pazienti Covid è la circolare del ministero della Salute sulle cure a casa. Anche in occasione di questa seconda ondata pandemica, si legge, “esiste la necessità di razionalizzare le risorse al fine di poter garantire la giusta assistenza a ogni singolo cittadino in maniera commisurata alla gravità del quadro clinico” e “non affollare in maniera non giustificata gli ospedali e soprattutto le strutture di pronto soccorso”. Medici di famiglia e pediatri, sottolinea la circolare, “grazie alla presenza capillare nel territorio e alla conoscenza diretta della propria popolazione di assistiti, sia in termini sanitari che in termini sociali, devono dunque giocare, in stretta collaborazione con il personale delle USCA e con eventuali unità di assistenza presenti sul territorio, un ruolo cruciale nell’ambito della gestione assistenziale dei malati COVID-19”. Il provvedimento ricorda inoltre il decreto Legge del 9 Marzo 2020 numero 14/20, che prevede che “al fine di consentire al Medico di medicina generale o al Pediatra di libera scelta o al Medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale e ordinaria, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano istituiscono, entro 10 giorni dall’entrata in vigore del presente decreto presso una sede di continuità assistenziale già esistente, un’unità speciale ogni 50.000 abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da COVID-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero”. Per i pazienti con malattia lieve, è inoltre indicata la sorveglianza domiciliare da parte del medico di base coadiuvato da un membro della famiglia. Una valutazione del contesto sociale “deve, pertanto, essere parte essenziale dell’iniziale valutazione”.
Una scala a punti definisce stato paziente
Una scala con parametri precisi per quantificare la gravità del quadro clinico del paziente Covid al domicilio e la sua evoluzione. È definita Mews (Modified early warning score) ed è quella che i medici di famiglia prenderanno in considerazione per la gestione domiciliare dei pazienti e per classificarli in tre distinte fasce di rischio. Ad indicarla è la circolare del ministero della Salute sulle cure a casa. Per rendere omogenea e confrontabile la valutazione iniziale del paziente, spiega la circolare, è importante utilizzare uno ‘score’, ovvero un punteggio, che tenga conto della valutazione di diversi parametri vitali. Uno degli score utilizzabili, “anche al fine di adottare un comune linguaggio a livello nazionale è il Mews, il quale ha il pregio di quantificare la gravità del quadro clinico osservato e la sua evoluzione, pur dovendosi tenere in conto eventuali limiti legati, per esempio, alla valutazione dello stato di coscienza in soggetti con preesistente deterioramento neurologico”. Il Mews, in associazione al dato del saturimetro per la misurazione dell’ossigeno nel sangue a riposo o sotto sforzo, può essere utilizzato oltre che nella valutazione iniziale anche durante il periodo di follow-up. L’instabilità clinica è correlata all’alterazione dei parametri fisiologici (pressione arteriosa, frequenza cardiaca, frequenza respiratoria, temperatura corporea, livello di coscienza, saturazione di ossigeno) e permette di identificare il rischio di un rapido peggioramento clinico o di morte. Attraverso la scala Mews, i pazienti vengono stratificati nei seguenti gruppi di rischio: rischio basso / stabile (score 0-2); rischio medio / instabile (score 3-4); rischio alto / critico (score 5). “La valutazione dei parametri al momento della diagnosi di infezione e il monitoraggio quotidiano, anche attraverso approccio telefonico, soprattutto nei pazienti sintomatici lievi è fondamentale poiché – si legge nella circolare – circa il 10-15% dei casi lievi progredisce verso forme severe”.