Bisogna fare retromarcia sui test veloci in farmacia per la diagnosi del Coronavirus. Questo è il motivo che spinge il Presidente dell’Ordine, senatore Vincenzo D’Anna, a valutare movimenti legali: “affinché vengano revocate le disposizioni”.
L’Ordine nazionale dei Biologi così scende in campo in merito ai test “veloci” nelle farmacie. D’Anna tramite una nota, spiega: “da un lato “tutelare la salute dei cittadini e dall’altro, la professionalità di quanti biologi, medici, chimici e tecnici di laboratorio operano presso i laboratori clinici accreditati con il Ssn”. Secondo il Presidente, “tali tipi di esami presentano varie criticità riguardanti la possibilità di falsi negativi e di falsi positivi, sia per l’alta quantità di materiale virale necessario a positivizzarli, sia per la non specificità dei test medesimi, che possono positivizzarsi anche in presenza di materiale virale appartenente a coronavirus influenzali”.
Il rappresentante dei Biologi italiani si chiede come si possa autorizzare, in un momento di massimo allarme per l’aumento del numero dei contagi, l’esecuzione di screening fallaci con metodiche invasive, in ambienti certamente “non idonei come le farmacie”. “In detti ambienti – incalza D’Anna – il prelievo dovrebbe essere eseguito con le adeguate misure di protezione per il personale, con adeguata e costante sanificazione. Tutte cose che normalmente vengono eseguite alla lettera nei laboratori specializzati accreditati. Cosa succederebbe nel caso in cui qualcuno risultasse positivo al test: si chiuderebbe immediatamente la farmacia, mettendo in quarantena clienti e dipendenti, così come accaduto, ad esempio, con le scuole?”.
“Crediamo che in quelle regioni – conclude Vincenzo D’Anna – dove questa inopportuna pratica diagnostica è stata autorizzata, la sussistenza o meno di tali requisiti, debba essere accertata dai Nuclei Antisofisticazione dei carabinieri e dai nuclei ispettivi delle Asl”.