Nicola Colloca, il cui corpo carbonizzato fu ritrovato il 25 settembre 2010 all’interno della sua auto in una pineta a cavallo tra i comuni di Maierato e Pizzo, si sarebbe suicidato. A sostenerlo è il perito medico-legale incaricato dal gup Marina Russo davanti alla quale si sta celebrando il processo in abbreviato nei confronti della vedova, del figlio e di altre persone. Imputati nel processo sono Caterina Gentile, 51 anni, moglie di Colloca, e Luciano Colloca, 29 anni, figlio dell’infermiere, Michele Rumbolà, 65 anni, di Vibo; abbreviato condizionato alla perizia invece per Caterina Magro, 44 anni, nata a Vibo, ma residente a Terni e Domenico Gentile, 45 anni, di Arena, cognati dell’infermiere. Per loro l’accusa è concorso in omicidio e distruzione di cadavere. Alla moglie, al figlio di Colloca e a Michele Rumbolà, viene inoltre contestata la premeditazione e a moglie e figlio anche l’aggravante di aver agito contro un familiare nei primi due reati. Abbreviato secco avevano invece scelto i coniugi Domenico Antonio Lentini, 59 anni, e Romanina D’Aguì, 55 anni, entrambi di Vibo Valentia, accusati di favoreggiamento per aver cercato di sviare le indagini fornendo false dichiarazioni ai carabinieri. Per la Procura il movente del delitto sarebbe da ricercare nell’acquisizione dell’eredità della vittima: circa 200mila euro accumulati dall’infermiere. Nella sua perizia, invece, il professore Pietro Tarsitano, già direttore del reparto di Medicina legale dell’ospedale Cardarelli e attualmente docente all’Università di Napoli, ha stabilito che si è trattato di suicidio. Nella relazione si evidenzia come la vittima 49enne sia deceduta per un arresto cardiaco causato dall’esposizione del corpo in seguito ad una violenta azione termica innescata dall’incendio e dall’esplosione della miscela benzina-aria. “Benzina – scrive il perito – contenuta in una bottiglietta rinvenuta all’interno dell’auto. Il decesso può essere retrodatato molto verosimilmente al giorno della sparizione: 24 settembre 2010. I campioni macro e microscopici esaminati, nonché le risultanze degli esami tossicologici effettuati nel corso dell’autopsia della dott.ssa Bisogni rendono la tesi suicidiaria più compatibile rispetto alle ipotesi omicidiarie”. Tarsitano sottolinea inoltre che “gli esami radiografici eseguiti, nonché l’obiettività dei vari organi descritti nel corso dell’autopsia effettuata dalla dott.ssa Bisogni permettono di escludere l’azione di armi o oggetti contundenti nei distretti esaminati. L’assenza di ossa della volta è compatibile con l’azione esplosiva della violenta temperatura dell’incendio, tuttavia non permette di escludere con certezza altra azione lesiva. Possiamo però riaffermare, quindi, che Colloca era vivo al momento del violento incendio, mentre un cranio fracassato da oggetti contundenti o da arma da fuoco non sarebbe stato compatibile con la vita”. Secondo l’accusa Colloca sarebbe stato colpito violentemente con un corpo contundente in testa.
Cadavere carbonizzato Colloca: per perito è stato suicidio
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