‘Ndrangheta a Rosarno: sequestrati 7milioni a imprenditore vicino alla cosca Pesce

Redazione

I Militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Reggio Calabria, con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri, stanno eseguendo l’applicazione della misura patrimoniale del sequestro di beni – per un valore complessivamente stimato in circa 7 milioni di euro – riconducibili ad un imprenditore di Rosarno ritenuto vicino alla nota cosca di ‘ndrangheta che fa capo alla famiglia “Pesce”.

La figura criminale del proposto, esponente di spicco della citata consorteria criminale ed inserito nel tessuto criminale rosarnese senza soluzione di continuità a partire già dagli anni ’80, è emersa, da ultimo, nelle operazioni di polizia denominate:

Faust”, eseguita dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Reggio Calabria nel mese di gennaio 2021 che ha permesso di acclarare la radicata e attuale operatività della cosca Pisano, operante sul territorio di Rosarno, l’articolazione territoriale di Ndrangheta denominata “società di Polistena” e della locale di ndrangheta di Anoia; l’esistenza di una fiorente attività di narcotraffico che, dal porto di Gioia Tauro, si dipanava attraverso articolazioni criminali federate in Campania, Puglia, Basilicata e Lombardia; il reimpiego del denaro proveniente dal narcotraffico in attività usurarie e la commissione di diversi episodi di minacce e danneggiamento in danno di commercianti a scopo estorsivo; l’appoggio elettorale fornito dalla cosca Pisano ad alcuni politici di Rosarno.

Handover–Pecunia Olet”, eseguita, nell’aprile 2021, dalla Guardia di Finanza e dal R.O.S. dei Carabinieri di Reggio Calabria nei confronti della cosca “Pesce” di Rosarno, che ha permesso di disvelare l’esistenza di un vero e proprio accordo che avrebbe consentito alla consorteria di gestire, in condizione di monopolio, i remunerativi settori dell’indotto della grande distribuzione alimentare e del trasporto merci su gomma. In tale ambito il citato imprenditore avrebbe ideato e attuato un sistema di intestazioni fittizie volto a schermare la sua posizione di reale dominus di beni illecitamente accumulati e, al contempo, evitare l’applicazione di provvedimenti ablativi a carattere patrimoniale, dei quali già in passato era stato destinatario. Il tutto con il fondamentale supporto di un dottore commercialista, il quale, ponendo a disposizione dell’organizzazione criminale le proprie competenze in materia contabile, societaria e fiscale, avrebbe curato gli aspetti tecnici di tale modus operandi.

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