Le cosche Piromalli e Molè di Gioia Tauro, dopo i contrasti determinati dall’omicidio del boss Rocco Molè, e dopo gli arresti che in questi anni hanno colpito le due famiglie, hanno deciso di stringere un patto di non belligeranza, delineando nuovi equilibri criminali sul territorio e ribadendo il proprio predominio nel settore delle estorsioni. E’ quanto emerge dall’operazione “Geolja” che ha stamani ha portato all’arresto di 12 persone, di cui 2 ai domiciliari. ‘ordinanza, emessa dal gip Valerio Trovato su richiesta del procuratore Giovanni Bombardieri, dall’aggiunto Gaetano Paci e del pm Giulia Pantano, è stata eseguita dai carabinieri. Complessivamente sono 21 gli indagati dalla Dda.
L’indagine ha preso avvio dall’incendio, avvenuto nella notte tra il 18 e il 19 agosto 2019, ai danni di un panificio i cui titolari hanno sollecitato l’intervento dei boss di Rosarno, loro paese d’origine, per individuare i responsabili e risolvere la questione mediante la “messa a posto”. “Sono venuti con l’intenzione di distruggere perché noi non abbiamo capito circa dieci, quindici volte… Quando quello veniva per soldi, faceva lo ‘sciacquino’ suo!” dicevano le vittime, intercettate dai carabinieri. Dopo essere stati costretti a chiudere l’attività commerciale per diversi mesi, gli imprenditori hanno prima chiesto accesso a un fondo di solidarietà del Ministero dell’Interno per le aziende colpite da attentati dolosi e poi sono stati autorizzati dalla ‘ndrangheta a riaprire il panificio subendo sia l’imposizione di prezzi, orari e periodi di ferie, sia il pagamento del pizzo. “Pagano tutti, un’offerta al Santo la fanno tutti quanti! L’offerta al Padre Eterno! Come il film il professore vesuviano, ogni mese passerà da voi un santo, e ognuno avrà il proprio Santo” dice una delle vittime, sempre intercettata, spiegando alla fidanzata come funzionano le cose a Gioia Tauro citando i dialoghi del film “Il Camorrista”.
‘Ndrangheta: operazione contro cosca Piromalli, 12 arresti
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