E’ impossibile stabilire se il fucile calibro 12 fatto ritrovare dal collaboratore di giustizia Maurizio Avola, sia quello utilizzato per l’omicidio del sostituto procuratore generale della Cassazione Antonino Scopelliti, ucciso a Campo Calabro il 9 agosto 1991. E’ questo – scrive oggi la Gazzetta del Sud – il risultato della perizia effettuata dal Servizio centrale della Polizia scientifica di Roma sul fucile cal. 12 di fabbricazione spagnola su disposizione della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria. “Le pessime condizioni strutturali” dell’arma, “troppo vecchia, ossidata e incrostata” l’arma – scrivono i periti secondo quanto riporta la Gazzetta – non hanno consentito di poter effettuare tutti gli esami previsti. Dagli esami è stato comunque possibile trovato il numero di matricola arma e dunque sarebbe possibile risalire al proprietario del fucile. Dalla perizia – secondo quanto riportato – è emersa poi la difformità delle cartucce fatte ritrovare da Avola con quelle repertate dopo l’omicidio Scopelliti. La perizia è stata consegnata nei giorni scorsi alla Dda e secondo quanto si è appreso in ambienti vicino alle indagini, gli accertamenti ed i rilievi proseguono. Avola, uno dei killer del clan catanese guidato da Nitto Santapaola, con le sue dichiarazioni, ha fatto riaprire l’inchiesta sull’omicidio del magistrato di Cassazione nella quale sono indagati 18 tra boss e gregari di ‘ndrangheta e mafia, 11 calabresi e 7 siciliani tra i quali anche il boss latitante Matteo Messina Denaro.
Omicidio Scopelliti: fucile malridotto, impossibili esami
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