Paola, Sappe “Occorre che lo Stato ridisegni l’intero sistema di gestione delle pene”

Redazione

“Come sindacato maggiormente rappresentativo del personale di Polizia Penitenziaria ribadiamo con forza la nostra convinzione che sia necessario un urgente, concreto ed efficace intervento del Governo, della Regione Calabria e di tutte le altre istituzioni locali volto a migliorare le condizioni di vita all’interno dei penitenziari del Paese. La politica non può continuare a rimanere silente dinnanzi alle continue aggressioni al personale ed al crescente numero di suicidi tra i detenuti. Occorre che lo Stato ridisegni in un certo senso l’intero sistema di gestione delle pene, prevedendo il carcere per i soli soggetti nei confronti dei quali hanno fallito tutte le altre alternative di recupero e reinserimento sociale, abbattendo così efficacemente il fenomeno del sovraffolamento e, contemporaneamente, riducendo le tensioni che gravano quotidianamente sull’operato della Polizia Penitenziaria”. Così Salvatore Panaro e Gerardo Coscarella, segretari del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria su quanto accaduto nel carcere di Paola, dove si è tolto la vita un detenuto di 21 anni. Per il SAPPE, “vanno inoltre potenziate le attività trattamentali all’interno delle carceri, prevedendo l’implementazione dell’offerta di lavoro ai detenuti e, contestualmente, avviare nuove assunzioni di personale delle figure professionali umanistiche come psichiatri e psicologi al fine di intercettare in tempo i disagi e le debolezze che possono sfociare in agiti impropri ed irreparabili”. Il Segretario Generale SAPPE Donato Capece richiama un pronunciamento del Comitato nazionale per la Bioetica che ha sottolineato come “il suicidio di un detenuto costituisce solo un aspetto di quella più ampia e complessa crisi di identità che il carcere determina, alterando i rapporti e le relazioni, disgregando le prospettive esistenziali, affievolendo progetti e speranze. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere. Il fatto che siano molti detenuti che si tolgono la vita in carcere (ma anche poliziotti penitenziari…) devono fare seriamente riflettere. Sono vittime innocenti di un disagio individuale a cui non si riesce a fare fronte nonostante gli sforzi e l’impegno degli operatori, in primis le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria che il carcere lo vivono nelle sezioni detentive”.

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