Il primo album da solista di Roberto Bozzo, cantautore cosentino già noto per essere componente dei K-byte e dei Sabatum quartet coi quali ha realizzato rispettivamente 4 e 9 lavori discografici per un totale di 13, quindi trattasi ora del quattordicesimo album in 36 anni di attività musicale. E’ comunque una prima volta per tanti motivi, è il primo come solista ed è il primo che non segue un unico genere musicale ma offre una grande varietà musicale linguistica strumentale e semantica. L’album infatti si dipana in 13 tracce utilizzando 4 lingue, vernacolo, italiano, inglese e spagnolo e si avvale dell’utilizzo di moltissimi strumenti grazie alla duttilità ed alla capacità dell’autore di suonarne tanti e grazie alla preziosa collaborazione di grandi artisti calabresi che ne hanno impreziosito gli arrangiamenti. Il disco realizzato a Cosenza presso il Tape Lab studio di Marco Passarelli ed Arianna Tomaselli si serve di una narrazione tridimensionale cercando di descrivere su diversi piani la vita del musicista mediamente conosciuto e “diversamente famoso” in Calabria con tutto quello che comporta. Lo fa in diversi episodi, partendo dalla mentalità che c’è rispetto al lavoro della musica e dello spettacolo a queste latitudini. Quindi una serie di brani autoironici che ci raccontano le “Feste Calabresi” per un giovane ivi residente che aveva “IL sogno nel cassetto” e che ha cercato nonostante tutto e tutti di realizzarlo in un luogo dove non sempre c’è “Gente che sa vivere” attraverso una resistenza-resilienza che lo ha portato a realizzare un CD fisico con tanto di copertina e libretto coi testi ,per altro perfettamente confezionato dall’art work di Michele Mirabelli, in un tempo in cui ormai la musica è liquida ed i dischi quasi non si fanno piu’ . Un gesto di puro Romanticismo. Il secondo piano descrittivo guarda più in là individuando ciò che ha portato a questo status quo, quindi uno sguardo alla società di oggi vittima della tecnologia esasperata che ha finito col soffocare l’idea dell’attesa e del percorso annientando le pause che di fatto non ci sono più e che ci privano della bellezza del viaggio che porta alla metà in nome del profitto, sino ad un terzo piano più introspettivo dove si descrive la ricerca di se stessi con tutte le difficoltà che comporta e con tutta l’impopolarità che a volte ne consegue. Infine ci sono due interessantissime rivisitazioni di due brani popolari completamente riarrangiati e declinati con sonorità del tutto nuove e mischiate con strumenti non propri dei brani tradizionali. Un lavoro tutto da scoprire e da ascoltare.
Gente che sa vivere, il primo album di Roberto Bozzo
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