Falso e corruzione nella pubblica amministrazione: arresti e sequestri

Anna Franchino

Dieci persone sono state arrestate dai carabinieri del Comando provinciale di Vibo Valentia nell’ambito di un’operazione su falsi e corruzione nella pubblica istruzione, scattata alle prime luci dell’alba nelle province di Vibo Valentia, Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria e Napoli. Sequestrate 19 società, operanti nel settore dell’istruzione, per un valore stimato in circa 7 milioni di euro. I militari del Nucleo investigativo provinciale di Vibo Valentia, con l’ausilio di personale dei reparti dell’Arma territorialmente competenti e il supporto aereo fornito dall’ottavo Nucleo elicotteri carabinieri, hanno eseguito una ordinanza di misura cautelare emessa dal Gip del Tribunale di Vibo Valentia su richiesta della Procura guidata dal procuratore Camillo Falvo, nei confronti di 10 soggetti (8 in carcere, 2 ai domiciliari, operanti nel settore dell’istruzione, circuito Afam e istituti paritari). Gli arrestati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere, corruzione, falso in atti destinati all’Autorità giudiziaria, falso in atto pubblico, abuso d’ufficio e autoriciclaggio. C’è anche la direttrice dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria Maria Rita Calvosa tra le 13 persone indagate, in stato di libertà, nell’inchiesta della Procura di Vibo Valentia che ha portato all’arresto di 10 persone, otto in carcere e due ai domiciliari, con l’accusa di falsi e corruzione nella pubblica amministrazione. Calvosa, 59 anni, romana, è alla guida dell’Ufficio scolastico regionale per la Calabria dal settembre del 2018, dopo essere stata per dieci anni responsabile dell’ambito territoriale di Latina. L’inchiesta che ha portato alla scoperta di una serie di attività illecite nell’ambito della pubblica istruzione, denominata Diacono e condotta sotto la guida del procuratore di Vibo Valentia Camillo Falvo e del sostituto Ciro Lotoro, è stata avviata a seguito del ritrovamento, il 2 luglio 2020, di un arsenale di armi (da guerra e clandestine) e un’ingente somma di denaro nell’abitazione di Davide Pietro Licata, contigua all’Istituto “Accademia Fidia”, gestito dalla famiglia Licata. Gli approfondimenti hanno consentito di ricostruire una rete di istituti formativi (paritari e artistici/musicali) che ha illecitamente prodotto, in cambio di denaro e/o altre utilità, titoli di studio e attestati (oltre che operato fittizie assunzioni), al fine di favorire la partecipazione dei beneficiari a pubblici concorsi per l’assunzione di personale docente e Ata (assistente tecnico amministrativo). Gli illeciti sarebbero stati agevolati e resi possibili grazie alla corruzione di un alto funzionario del Miur, il quale è incaricato, fra l’altro delle attività ispettive e di controllo degli istituti provati accreditati al Miur. Inoltre le indagini avrebbero consentito di fare luce anche su un’ulteriore episodio di corruttela, finalizzato a conseguire l’attribuzione di importante incarico istituzionale nell’ambito del Ministero dell’Istruzione, a beneficio di una dirigente dell’Ufficio scolastico regionale della Calabria.

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