Gettonopoli: tutti rinviati a giudizio

Anna Franchino

Dovranno comparire davanti ai giudici di catanzaro, il prossimo mese di maggio le 29 persone coinvolte nel processo scaturito dall’inchiesta denominata Gettonopoli, coordinata dalla procura di Catanzaro a carico di ex amministratori e alcuni ancora in carica al Comune del capoluogo di regione su un presunto sistema di truffe e ipotesi di falso in atto pubblico che sarebbe stato perpretato a danno dell’ente pubblico. Il gup di Catanzaro, infatti, ha rinviato a giudizio tutte le persone coinvolte, tra questi anche l’attuale presidente del Consiglio regionale, Filippo Mancuso, nelle vesti di ex amministratore del capoluogo di regione. Secondo l’accusa avrebbero attestato false verbalizzazioni nelle sedute delle commissioni consiliari nella passata legislatura e in particolare nel 2018, procurandosi così un ingiusto vantaggio derivante dal versamento del gettone di presenza. Il Gup nel mese di ottobre ha ammesso come parte civile anche il Comune di Catanzaro. Si tratta di due tronconi riuniti in un unico processo e dove gli imputati devono rispondere anche, a vario titolo, di truffa aggravata, uso di atto falso, falsità ideologica e falsità materiale.

“Pur rispettando il provvedimento giurisdizionale, non si può fare a meno di evidenziare, per la rilevanza sociale e politica assunta dalla vicenda, come la decisione del Tribunale si risolva in un trattamento ‘orizzontale’ di situazioni tra loro differenti”. Lo afferma, in una nota, l’avvocato Francesco Iacopino, legale del presidente del Consiglio regionale della Calabria, Filippo Mancuso, in relazione alla decisione del Gup di Catanzaro di rinviare a giudizio lo stesso Mancuso ed altre 28 persone a conclusione dell’inchiesta “Gettonopoli”. “Occorre, preliminarmente, sgombrare il campo – aggiunge Iacopino – da un possibile equivoco: al dottor Filippo Mancuso non è contestato alcun delitto di falso dal momento che tale originaria ipotesi investigativa, peraltro riguardante tutti i consiglieri, è stata ritenuta inconsistente dallo stesso Pm già in fase di indagini, tanto da essere stata accantonata dallo stesso Ufficio di Procura. Il cuore dell’accusa, allora, ha riguardato e riguarda oggi esclusivamente un’ipotesi di truffa (per poche centinaia di euro) legata alla diversa lettura del dato relativo alla ‘effettiva partecipazione’ dei politici alle Commissioni consiliari. Secondo la Procura occorreva ed occorre avere riguardo ad un dato ‘quantitativo’ e, pertanto, non sarebbe stato possibile considerare ‘effettive’ le partecipazioni non ‘totalitarie’ o di durata inferiore all’intera seduta, con la conseguenza che, in siffatte ipotesi, il Comune non avrebbe dovuto riconoscere alcun ‘gettone’, parliamo come detto di somme esigue, ai consiglieri. Secondo le difese, invece, la partecipazione ‘effettiva’ andava e va intesa in senso ‘qualitativo’, sia perché anche l’assenza temporanea dalla seduta, in occasione della trattazione di un determinato argomento, assume una valenza politica, sicché il dato della presenza non può essere collegato solo a un criterio ‘temporale’, sia perché non vi era, come non vi è, ancora oggi, alcun regolamento comunale specifico che fissi i limiti di durata, quanto alla determinazione della ‘effettiva partecipazione’ alle sedute”. “A conferma di ciò – dice ancora il legale del presidente Mancuso – basti considerare che, nella prassi, si è sempre applicato per analogia il regolamento adottato per la partecipazione ai Consigli comunali, nei quali, invece, anche la presenza discontinua del Consigliere, e se ne comprende agevolmente la ragione, è ritenuta idonea a integrare il requisito della ‘effettiva partecipazione’. Peraltro, la lettura ‘qualitativa’ del predetto criterio è stata recentemente sostenuta anche dalla stessa Corte di Cassazione. In particolare, in un caso identico, i Giudici supremi hanno escluso che la partecipazione ‘non totalitaria’ possa assumere rilevanza penale, tanto da confermare l’assoluzione disposta dalla Corte di appello di Messina per insussistenza del fatto. Per tale motivo, ad avviso della difesa, la vicenda avrebbe potuto e dovuto trovare un suo esito liberatorio già nell’odierna fase dell’udienza preliminare, avendo il presidente Mancuso operato sempre nel pieno rispetto di norme e prassi. Forte di queste ragioni, sostenute dal diritto e dal buon senso, il Presidente è assolutamente sereno e certo che nel dibattimento, luogo deputato alla verifica in contraddittorio dell’ipotesi giudiziale, la sua posizione sarà chiarita definitivamente”.

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