La ‘Ndrangheta è tornata a Rho

Anna Franchino

Metodi mafiosi emergono dalle intercettazioni captate nel corso delle indagini della Direzione Distrettuale antimafia di Milano denominata “Vico Raudo” e poi minacce, estorsione, violenza privata, incendio, detenzione e porto illegale di armi aggravati dal metodo e dalla finalità mafiosa. C’è di tutto nell’operazione condotta dalla Squadra mobile milanese che ha svelato la ricostituzione di una struttura territoriale di ‘ndrangheta, la ‘Locale di Rho’, già oggetto dell’indagine ‘Infinito’ della Dda di Milano nel 2010, da parte del promotore, condannato in via definitiva per associazione mafiosa, una volta scontata la sua pena. 49 le misure cautelari eseguite quest’oggi per reati che vanno dall’associazione a delinquere di stampo mafioso fino al traffico di sostanze stupefacenti.  Un’operazione che semmai ce ne fosse bisogno testimonia ancora una volta l’agire mafioso della ‘ndrangheta nel Nord Italia, ma quello che emerge è che c’era una donna tra i capi del clan della ‘ndrangheta di Rho, anche “più spietata degli uomini”. Dunque il ruolo delle donne non più in secondo piano , ne risultano 5 tra le arrestate e ad una donna è stato contestato il ruolo di capo e promotore dell’associazione mafiosa, risultata il braccio destro di Cristian Bandiera, figlio di Gaetano. “E’ la prima volta ha sottolineato il pm della Dda di Milano Alessandra Cerretti nella conferenza stampa che in Lombardia verifichiamo il ruolo operativo e organizzativo di un ‘donna’ nei clan.”

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