Era il 22 settembre del 2011. Quella sera Giuseppe Ruffolo, all’epoca 33enne, era appena uscito dall’agenzia di trasporti di cui era titolare. Erano le 19.30. Si mise alla guida della sua auto, un’Alfa Romeo Giulietta e stava percorrendo via degli Stadi, a Cosenza, quando venne affiancato da una moto. Contro la vittima designata vennero esplosi diversi colpi di arma da fuoco. Ruffolo, nonostante le ferite, riuscì a scendere dalla macchina e chiedere aiuto. Venne caricato da un’auto di passaggio e trasportato in ospedale ma prima di arrivare all’Annunziata il suo cuore cessò di battere. Un omicidio plateale, che suscitò molto clamore, soprattutto per le modalità. I killer, infatti, spararono in una zona di Cosenza a quell’ora molto trafficata. Oggi, a distanza di quasi 8 anni da quell’efferato fatto di sangue, la polizia a conclusione di indagini coordinate dalla Dda di Catanzaro guidata da Nicola Gratteri, ha arrestato i presunti responsabili. Si tratta di Roberto Porcaro, di 35 anni, e Massimiliano D’Elia, 33, già noti alle forze dell’ordine. Per gli inquirenti D’Elia sarebbe l’autore materiale del delitto; Porcaro, ritenuto uno dei massimi esponenti del clan Lanzino-Patitucci, sarebbe il mandante. Ruffolo sarebbe stato ucciso perché non voleva dividere con gli altri affiliati alla cosca i proventi dell’attività di usura che aveva iniziato, peraltro, senza il preventivo assenso dei boss.
Omicidio Ruffolo, cold case risolto dopo 8 anni
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