Due ergastoli sono stati comminati dalla Corte d’assise di Catanzaro ai presunti mandanti dell’omicidio di Matteo Vinci, biologo 42enne di Limbadi (Vibo Valentia), ucciso con una bomba sistemata nell’auto sulla quale viaggiava il 9 aprile 2018 e del tentato omicidio del padre Francesco che si trovava con lui e rimase gravemente ferito. I condannati sono Rosaria Mancuso, di 66 anni, e il genero Vito Barbara, di 31. Dalle accuse è stata esclusa l’aggravante mafiosa. L’omicidio, per l’accusa, era diretto a punire la famiglia Vinci che non voleva cedere alcuni terreni ai confinanti Grillo-Mancuso, imparentati con la cosca Mancuso. Oltre ai due ergastoli, i giudici della Corte d’assise di Catanzaro hanno condannato a 10 anni di reclusione Domenico Di Grillo, di 73 anni, marito di Rosaria Mancuso, accusato del tentato omicidio di Francesco Vinci per una aggressione avvenuta nel 2017 nella quale Vinci riportò la frattura della mandibola. Tre anni e sei mesi di carcere sono stati inflitti a Lucia Di Grillo, di 31 anni, figlia di Domenico Di Grillo e Rosaria Mancuso e moglie di Vito Barbara, che è accusata, insieme agli altri familiari, di lesioni personali nei confronti di Francesco Vinci e di sua moglie Rosaria Scarpulla, per un’aggressione avvenuta nel 2014 e che, secondo l’accusa, costituisce uno dei tanti episodi di vessazioni che i Vinci hanno subito da parte dei Mancuso-Di Grillo. I Vinci, assistiti dall’avvocato Giuseppe De Pace, non si sono mai piegati alle richieste dei confinanti avviando anche una serie di procedimenti in sede civile e penale. La risposta finale, stando alle indagini, sarebbe stata l’autobomba piazzata sotto la Ford Fiesta di Francesco Vinci, guidata dall’unico figlio Matteo. Nel collegio difensivo gli avvocati Francesco Capria, Gianfranco Giunta, Mario Santambrogio, Giovanni Vecchio, Fabrizio Costarella e Stefania Rania. Francesco Vinci e la moglie sono sempre stati presenti in aula in tutte le fasi del dibattimento. Per quanto riguarda i presunti esecutori materiali, è in corso il processo con rito abbreviato che vede imputati Antonio Criniti e Filippo De Marco. Sarebbero stati loro, secondo l’accusa, a piazzare la bomba sotto l’auto dei Vinci. “Qui gli ergastoli non sono due ma tre”. Conta anche la morte di suo figlio, Matteo Vinci, Sara Scarpulla, tra coloro che hanno avuto una condanna a vita. “Spero che questo male venga debellato affinché il sangue di Matteo non sia stato sparso invano. Anche una sola persona, una sola vita, che si salva dalle grinfie della ‘ndrangheta è già una vittoria”, ha detto la donna tra le lacrime dopo la lettura della sentenza da parte dei giudici della Corte d’assise di Catanzaro. La Corte ha anche disposto un risarcimento alle parti civili di 150 mila euro. Parti civili costituite solo dai genitori di Vinci visto che nel processo non se ne erano costituite altre.
Omicidio Vinci: ergastolo ai mandanti
La mamma di Matteo ha commentato così la sentenza: "qui gli ergastoli non sono due ma tre".
107
articolo precedente