Covid, Ichino: “Licenziabili quei lavoratori che rifiutano di vaccinarsi”

Red02

“Non vaccinarsi contro il Covid potrebbe portare al licenziamento del dipendente”.

Lo ha dichiarato il giuslavorista Pietro Ichino in una intervista al Corriere della Sera. “L’articolo 2087 del codice civile – afferma Ichino – obbliga il datore di lavoro ad adottare tutte le misure suggerite da scienza ed esperienza, necessarie per garantire la sicurezza fisica e psichica delle persone che lavorano in azienda, il loro benessere”. Per il senatore di Scelta civica, il datore di lavoro “deve farlo”.

“Ovviamente se è ragionevole – ha sottolineato – in questo momento non lo sarebbe, perché non è ancora possibile vaccinarsi. Ma, via via che la vaccinazione sarà ottenibile per determinate categorie, per esempio i medici e gli infermieri, diventerà ragionevole imporre questa misura, finché l’epidemia di Covid sarà in corso”.

“Chiunque – spiega il giurista esperto di diritto del lavoro – potrà rifiutare la vaccinazione; ma se questo metterà a rischio la salute di altre persone, il rifiuto costituirà un impedimento oggettivo alla prosecuzione del rapporto di lavoro”. Davanti a questa eventualità, quindi, il lavoratore rischia di poter essere licenziato “perché – conclude Ichino – la protezione del tuo interesse alla prosecuzione del rapporto cede di fronte alla protezione della salute altrui”.

Pietro Ichino vive da quasi vent’anni sotto scorta a causa delle minacce che alcuni membri delle Nuove Brigate Rosse gli hanno esplicitamente rivolto per il suo lavoro sull’armonizzazione del diritto del lavoro italiano rispetto a quello dei maggiori Paesi europei. Lavoro che stavano compiendo anche altri due giuslavoristi, Massimo D’Antona e Marco Biagi, uccisi dalle Nuove Brigate Rosse, rispettivamente a Roma e Bologna.

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