Ammonta a oltre 2 milioni e mezzo di euro il valore dei beni sequestrati dalla polizia e riconducibili ad esponenti del clan dei Piscopisani. Dopo l’operazione “Rimpiazzo”, che il 9 aprile dello scorso anno colpì la consorteria mafiosa operante nella frazione Piscopio di Vibo, sono stati avviati accertamenti patrimoniali nei confronti degli indagati. Gli inquirenti hanno così accertato la sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni accumulati. Beni che, secondo gli inquirenti, sarebbero stati acquisiti attraverso l’impiego di risorse economiche derivanti da attività illecite. Questa mattina la polizia, attraverso l’attività del servizio centrale operativo e delle squadre mobili di Vibo, Catanzaro e Bologna, ha eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dalla DDA di Catanzaro. I sigilli sono stati apposti a beni mobili e immobili, società , imprese individuali nelle province di Vibo e Bologna, nonché quote societarie riconducibili a persone indagate a vario titolo per associazione mafiosa, estorsione, danneggiamento, favoreggiamento personale, detenzione e porto illegale di armi ed esplosivo, traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, intestazione fittizia di beni, tutti reati aggravati dal metodo mafioso. Dopo gli arresti, dunque, un altro duro colpo è stato inferto alla cosca dei Piscopisani, che, come evidenziato dalle indagini, ha dimostrato grande capacità nel muoversi non soltanto nel suo territorio, ma anche fuori. Una cosca descritta dagli inquirenti violenta, estremamente pericolosa che voleva estromettere dagli affari illeciti il clan da sempre egemone, quello dei Mancuso. Oggi, dunque, è stato colpito il potere economico del clan.
Sigilli al “tesoro” dei Piscopisani
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