La lunga attesa per il risultato di un tampone

Gianluca Pasqua

 

Un’attesa snervante che impedisce di vivere serenamente, Carla Sciarra, ricercatrice al Politecnico di Torino, è rientrata 15 giorni fa ad Altomonte e dopo essere stata sottoposta al tampone orofaringeo ha tentato di conoscerne il risultato. Il suo sfogo sui social riuscirà a sortire gli effetti sperati? Purtroppo non è il solo caso in Calabria. Ma ecco il suo post:

Dopo due mesi di quarantena in una delle grandi città più colpite dall’epidemia e con la mancata opportunità di poter fare ritorno nel mio luogo di lavoro almeno fino a Settembre (perché lavoro in Università) ho deciso di tornare a casa, in Calabria. Munita di mascherina FFP3, guanti e disinfettante, mi sono spostata in taxi verso l’aeroporto di Torino, da dove ho preso un aereo diretto a Fiumicino, con meno di trenta passeggeri tutti muniti di mascherine e mantenendo la distanza sociale. A Roma, altri conterranei muniti di mascherine sono saliti su un aereo diretto a Lamezia Terme, con mantenimento delle distanze di sicurezza in ogni momento. Al nostro arrivo, giorno 8 Maggio, quasi tutti noi passeggeri abbiamo scelto, per la salute della nostra terra e dei nostri cari, di sottoporci a tampone rino-faringeo per la verifica della presenza del virus. Sono isolata dai miei cari da ben 12 giorni, non ho abbracciato la mia famiglia, mio nipote di nemmeno un anno, li vedo sempre a ben più di due metri di distanza e dormo in una sorta di garage. Ma non è questo il problema. Il problema è che ho dato il mio DNA all’Azienda Sanitaria Regionale e nessuno sa dove sia finito il mio tampone. Nessuno sa darmi informazioni al riguardo, non l’ ASP di Cosenza, Lamezia Terme lasciamo perdere perché il numero di riferimento è addirittura un numero di cellulare, e dall’Ufficio di Igiene Pubblica di Castrovillari a cui mi hanno indirizzato dopo innumerevoli chiamate mi dicono che loro sono in tre, i tamponi di giorno 8 non si sa che fine hanno fatto, L’Ufficio di Lamezia Terme sembra essere scomparso e che non riescono a gestire la mole di lavoro. Mia zia lavora presso una struttura sanitaria come infermiera e mi dice che loro non sono mai stati sottoposti a tampone perché mancano i reagenti e non si sa come analizzarli.
Sono tornata in questa terra dove i bar sono aperti senza obbligo di mascherina da Aprile, e dove noi che veniamo da fuori abbiamo il dovere morale di preservare la salute degli altri sottoponendoci a tampone e quarantena domiciliare di 14 giorni, ma non abbiamo il diritto di sapere che fine fanno le informazioni che vi abbiamo rilasciato.

Ottima gestione. Jole Santelli

©2023 TELEUROPA SRL – Tutti i diritti riservati

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