La Calabria è ancora tra le regioni maglia nera per quanto riguarda i cani avvelenati. Nei primi cento giorni di quest’anno, fa sapere l’Associazione italiana difesa animali e ambiente (Aidaa) sono poco meno di 3.000 i casi di avvelenamento rispetto ai 7.000 complessivi dello scorso anno, quando ci fu un impennata verso la fine dell’estate a seguito della morte della giovane morsicata dai cani lasciati incustoditi dal pastore nella pineta di Satriano, in provincia di Catanzaro. E di questi solamente duecento sono i cani di proprietà.
“Non è dato di conoscere il numero dei cani randagi morti – è detto in una nota dell’associazione – anche se possiamo ipotizzare che siamo attorno ad una percentuale del 30-40% sul totale dei cani avvelenati. E’ una vera strage silenziosa quella dei cani avvelenati di cui stranamente le grandi organizzazioni sono molto tiepide nel denunciare la necessità di leggi severe e di messa al bando di alcuni prodotti che vengono utilizzati per questo sterminio di massa dei cani randagi. Diciamo subito che il fenomeno degli avvelenamenti è di proporzioni nazionali e risulta più attivo al sud in quanto qui si concentra la maggior parte dei randagi presenti sul territorio nazionale, in particolare da quanto ci è dato sapere il fenomeno ha proporzioni maggiori nelle province di Cosenza e Reggio Calabria, mentre lo scorso anno era concentrato nella provincia di Catanzaro, appunto a seguito della tragedia di Satriano”.