Il peso della sanità si conferma molto elevato sul totale del bilancio calabrese. E ci sono difficoltà a saldare i fornitori. Lo si evince dai dati che la Corte dei Conti ha prodotto nella sua ultima relazione sulla gestione finanziaria delle Regioni e Province autonome. In Italia è cresciuta, e di molto, questa spesa, a causa della pandemia.
Le cifre sono da capogiro: la spesa sanitaria dell’intero comparto delle Regioni passa dai 122,1 miliardi di euro del 2018 ai 136,7 del 2020. La relazione sottolinea che la situazione 2020 della finanza regionale va inquadrata nei riflessi della pandemia sui bilanci degli enti, con riduzione di entrate e maggiori esigenze di spesa. E lo Stato è dovuto intervenire pesantemente per compensare le difficoltà economiche.
Le Regioni a statuto ordinario, rileva la Corte dei Conti, registrano un lieve incremento delle entrate correnti proprio per i maggiori trasferimenti statali. Una delle voci analizzate è l’incidenza del debito sanitario totale sul debito complessivo regionale. Un dato che, su base nazionale, “tende a ridursi leggermente nel triennio” 2018-2020. Ma non in Calabria. Dove non va per niente bene, anche se non siamo da soli. Nella relazione si legge che “in alcune realtà territoriali, come il Veneto, l’Emilia-Romagna, la Toscana, il Molise, la Campania, la Puglia, la Calabria e la Regione siciliana, il debito sanitario rappresenta una quota superiore (o, comunque, prossima) al 50% del debito complessivo”.
Il sistema sembra ancora reggere, ma… c’è un ma: il problema del pagamento dei debiti verso i fornitori. E qui la Calabria (e in maniera minore anche Lombardia, Basilicata, Piemonte e Lazio, fanno registrare un significativo calo dei valori. Cioè i debiti verso i fornitori aumentano e ci sono serie difficoltà per saldarli.