‘Ndrangheta: cosche in Lombardia, 2 misure cautelari e perquisizioni

Red

Associazione per delinquere di stampo mafioso, favoreggiamento, frode fiscale, bancarotta, intestazione fittizia e possesso illegale di armi, reati tutti aggravati dal metodo mafioso: queste le contestazioni a due indagati destinatari di misure cautelari emesse dal Gip di Milano in una indagine congiunta della polizia e della Guardia di Finanza, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia milanese nell’ambito di un’indagine sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia.

Il primo dei due arrestati è un sessantaquattrenne originario di Giffone, già detenuto e condannato in via definitiva per 416 bis perché ritenuto “capo società” della Locale di Fino Mornasco, in provincia di Como, nell’ambito dell’operazione “La Notte dei Fiori di San Vito”, e condannato in secondo grado all’ergastolo come mandante di un omicidio. L’uomo avrebbe gestito gli affari della cosca nonostante la reclusione, impartendo disposizioni ai suoi uomini, tra cui l’ordine per un violento pestaggio per debiti non pagati. Attraverso suoi fedelissimi, poi, avrebbe continuato a gestire numerosi esercizi commerciali, intestati fittiziamente a terzi, e avrebbe praticato prestiti a usura. Per il mantenimento dei detenuti legati al suo gruppo, infine, attraverso reati in materia fiscale e commerciale, avrebbe raccolto illecitamente ingenti liquidità.

Il secondo provvedimento riguarda un uomo, originario del Catanese, ma residente nel Comasco, che per gli inquirenti ha fornito un supporto logistico al gruppo, partecipando agli scavi e mettendo a disposizione la strumentazione per eseguirli, per recuperare 55.000 euro interrati in un maneggio nel comasco, denaro sequestrato con un’apposita misura di prevenzione patrimoniale.

L’indagine è un filone di quella che già nel novembre del 2021 aveva portato all’arresto di 54 indagati per gli stessi reati nonché per estorsione, ricettazione, riciclaggio e corruzione, e che aveva fatto luce sull’operatività di famiglie di ‘ndrangheta nelle province di Milano, Como e Varese, con proiezioni in Svizzera.

Un’inchiesta che ha documentato anni di storia criminale del territorio lombardo, in tre periodi storici. Nel periodo 2007-2010, le ‘ndrine hanno iniziato con estorsioni ad imprenditori locali; tra il 2010 e il 2019 hanno incominciato a prendere il controllo e la gestione economica di appalti per il servizio di pulizia di grandi imprese, ottenuti grazie ad un imprenditore titolare formale di cooperative operanti nel settore, cooperative con le quali era stato attuato un articolato sistema di frode per l’evasione fiscale attraverso cui veniva finanziata l’organizzazione; dal 2018 e fino ad oggi, dato che il sistema di frode fiscale era stato smantellato da alcuni arresti, sono ripresi su larga scala gli episodi di estorsione ai danni di piccoli e medi imprenditori e anche di semplici cittadini.

Oltre a questa ‘ndrangheta 2.0 attiva nel tessuto economico e imprenditoriale lombardo non sono mancate, però, le consuete attività tipiche delle grandi organizzazioni mafiose, in particolare il traffico di stupefacenti, con mire espansionistiche verso la Svizzera e con il Cantone San Gallo divenuto base logistica. Determinante la costituzione di una Squadra Investigativa Comune tra l’Autorità Giudiziaria Italiana e il Ministero Pubblico della Confederazione per la Svizzera. In concomitanza all’esecuzione delle due misure cautelari, sono state eseguite perquisizioni con contestuale sequestro di copioso materiale probatorio in Lombardia e in Calabria.

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