Le cosche della ‘Ndrangheta hanno messo le mani sull’Umbria, infiltrando “in modo significativo” il sistema economico della regione. E’ quanto emerge da un’indagine della Polizia durata diversi mesi che ha portato questa mattina gli agenti ad eseguire decine di arresti e sequestri per diversi milioni sia in Calabria che in Umbria. L’inchiesta dello Sco della Polizia con le squadre mobili di Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria, coordinate dalle Dda di Catanzaro e Reggio, riguarda diversi presunti appartenenti alle cosche Trapasso, Mannolo e Zofreo di San Leonardo di Cutro e i Commisso di Siderno. Dagli accertamenti e dalle intercettazioni è emerso che le famiglie di ‘ndrangheta non solo continuavano ad operare nei territori storicamente controllati ma erano riuscite ad infiltrare il tessuto economico umbro. Beni per oltre 10 milioni di euro sono stati sequestrati dalla polizia di Stato (Sco e squadre mobili di Perugia, Catanzaro e Reggio Calabria) ad appartenenti alle cosche Trapasso e Mannolo di San Leonardo di Cutro e Commisso di Siderno, che, come emerso dagli esiti di due operazioni (Infectio e Core Business), avevano realizzato importanti proiezioni in Umbria. Ventitre sono le misure cautelari (20 in carcere e 3 ai domiciliari) eseguite nei confronti altrettanti soggetti, ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e occultamento di armi clandestine, minacce, violenza privata, associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una serie di reati di natura contabile o economico-finanziaria strumentali alla realizzazione sistematica di frodi in danno del sistema bancario. L’inchiesta “Infectio” condotta dalla Dda di Catanzaro, approfondendo alcuni esiti dell’operazione “Malapianta” dello scorso maggio, ha svelato l’operatività delle cosche di ‘ndrangheta Mannolo, Zoffreo e Trapasso in Umbria dove era stato impiantato un lucroso traffico di stupefacenti, anche con la complicità di trafficanti albanesi e minato, attraverso attività estorsive, la libera concorrenza nella esecuzione di lavori edili arrivando al punto di esercitare influenze a favore di soggetti candidati alle elezioni amministrative locali. Inoltre, attraverso la predisposizione di società, spesso intestate a prestanome o soggetti inesistenti, gli indagati erano in grado di fornire prodotti illeciti come fatture per operazione inesistenti a favore di compiacenti imprenditori che, secondo l’accusa, hanno consentito cospicui guadagni mediante truffe a istituti di credito e operazioni di riciclaggio di denaro. L’operazione della Dda di Reggio Calabria, denominata “Core Business”, ha portato all’arresto di quattro persone, esponenti di vertice della cosca Commisso, ritenute responsabili di associazione mafiosa. Tra loro c’è Cosimo Commisso, alias “u quagghia”, scarcerato nel gennaio del 2019. Le indagini rappresentano la naturale prosecuzione dell’operazione “Acero-Siderno Connection” del 2015, quando Cosimo Commisso si stabilì a Perugia, in località “Casa del Diavolo”.
‘Ndrangheta: le mani delle cosche sull’Umbria
439
articolo precedente